“Memoria è tornare a vivere: come le persone amate rivivono in noi attraverso quello che ci hanno lasciato nel ricordo ma soprattutto nella traccia che la loro esistenza ha deposto in noi come coscienza del nostro essere ora, così una comunità acquista maggiore coscienza di sé e si rafforza nella sua identità, facendo memoria della sua storia, del suo passato, delle sue radici.
Per questo come Teatro Alighieri abbiamo voluto dare il nostro contributo a questo percorso della memoria iniziato nella nostra città attorno a Roberto Bachi commissionando un’opera su di lui”. Così scriveva il direttore artistico Angelo Nicastro nella nota di presentazione allo spettacolo “Il viaggio di Roberto, un treno verso Auschwitz” prodotto dal Teatro Alighieri nel 2014 che - dopo le recite di Ravenna, Piacenza e Modena – ora approda alla stagione dell’Opera di Firenze, in una nuova versione che il compositore Paolo Marzocchi ha rivisto per orchestra. Sarà in scena per 6 repliche al Teatro Goldoni a partire dal 26 gennaio in occasione della Giornata della Memoria 2017.
“La richiesta dell’Opera di Firenze di poter riallestire lo spettacolo – sottolinea Antonio De Rosa - è uno straordinario riconoscimento per la nostra città della qualità di una produzione nata dalla comunione di intenti del Teatro Alighieri unitamente alla Scuola Mordani e al suo coro Libere Note. La prestigiosa vetrina fiorentina è un nuovo approdo che ci consente di formulare l’auspicio di ulteriori richieste da parte di importanti teatri italiani”. Una significativa rappresentanza della città assisterà alla prima dello spettacolo di giovedì che sarà preceduta da un incontro pubblico, guida all’ascolto, a cui parteciperanno Livia Pezzi Gaudenzi, Danilo Naglia, Enrica Fubini (cugina di Roberto Bachi), Catia Gori e Angelo Nicastro. La direzione dell’Opera di Firenze ha inoltre riservato una tariffa agevolata per tutti i residenti del Comune di Ravenna.
Mentre “Il viaggio di Roberto” approda all’Opera di Firenze il Teatro Alighieri presenta il 27 gennaio, in occasione della Giornata della Memoria 2017 (due recite al mattino in orario scolastico a cui assisteranno oltre 1300 studenti), lo spettacolo “Il diario di Anna Frank” per la regia di Emanuele Gamba e con protagonista la giovanissima Ines Felicienne Cuccu. Questa nuova lettura di un classico della letteratura moderna dà voce agli incubi, alle speranze e ai pensieri di Anna, il cui ingenuo eppure lucido sguardo getta luce, con rapidi passaggi di colore, sulle buie giornate trascorse in una casa ormai divenuta una gabbia. Lo spettacolo nasce dalla consapevolezza di quanto sia prezioso il racconto della vita di Anna Frank, soprattutto quando riproposto a dei suoi coetanei con un allestimento al contempo essenziale e onirico, che mescola elementi scenici tradizionali a installazioni video.
Il viaggio di Roberto, un treno verso Auschwitz porta in scena la drammatica storia di una delle oltre quarantamila vittime italiane della Shoah, il piccolo Roberto Bachi, che visse a Ravenna e qui frequentò la quarta elementare presso la Scuola Mordani – uno degli ultimi momenti felici prima delle atrocità inaudite a cui lo sottopose la follia nazista. Nato a Torino nel 1929, Roberto giunge a Ravenna in seguito al trasferimento del padre Alberto, a cui era stato affidato il comando della divisione di fanteria Rubicone di stanza in città. Dopo l’arresto avvenuto a Torrechiara (Parma) il 17 ottobre 1943, il 6 dicembre dello stesso anno, Roberto parte dal Binario 21 della stazione di Milano, stipato all’interno del vagone di un treno diretto ad Auschwitz. Le ricerche condotte dalla madre consentono di venire a conoscenza del suo numero di matricola, 167973, e del fatto che Roberto è morto probabilmente di tubercolosi. Ricostruita nel 2002, grazie ad alcuni ex compagni di classe di Roberto (Danilo Naglia, Silvano Rosetti e Sergio Squarzina), la vicenda è stata trasformata in una azione scenica musicale commissionata a Guido Barbieri - che ha curato il libretto - e al compositore Paolo Marzocchi che lo ha messo in musica, mentre la regia è stata affidata ad Alessio Pizzech. Il debutto dello spettacolo all’Alighieri ha visto il coinvolgimento della stessa Scuola Mordani, grazie alla dedizione del compianto Giorgio Gaudenzi, direttore didattico dell’Istituto Mordani che curò in prima persona la ricostruzione della breve vita di Roberto, e la partecipazione degli alunni che compongono il Coro di voci bianche Libere Note diretto da Elisabetta Agostini e Catia Gori.
Barbieri, ha scelto di incentrare la storia di Roberto sul “buco, nero e profondo, oltre a quello che circonda la sua morte: il viaggio. Quei sei giorni, tra il 6 e il 12 dicembre, che lo hanno fatto arrampicare su per l’Europa, tra due pareti di legno senza finestre. La memoria di quel viaggio non ha lasciato alcun oggetto dietro di sé”. Nella produzione fiorentina saranno di nuovo Franco Costantini e Cinzia Damassa a vestire rispettivamente i panni di un ipotetico compagno di viaggio, Vittorio, e di Ines, la madre di Roberto: al dialogo fra Vittorio e Ines si contrappone il silenzio di Roberto, il protagonista della storia, sul palco con solo funzioni di mimo. I racconti di Vittorio, immaginati, e di Ines, basati invece su memorie e documenti, sono intercalati dagli interventi cantati dalle apparizioni del padre Armando, della maestra Maria Rosa Gambi e di personaggi dei libri letti da Roberto.
Questo lavoro si colloca, secondo Marzocchi, “più o meno a metà tra l’opera intesa in senso tradizionale e il melologo. [...] Nel melologo il canto è assente, ma la parola detta intrattiene con la musica un dialogo strettissimo e costante”. Se “il livello dei vivi (Ines e Vittorio) è dominato dalla parola recitata” continua il compositore, “il piano della visione è affidato alla parola cantata”. La musica è costruita di “memorie musicali”, in parte richieste dalla drammaturgia e in parte scelte dallo stesso Paolo Marzocchi, integrate a materiale costruito con “una sequenza di sei note, ricavata traslando in suoni il numero di matricola di Roberto, 167973”.
Un lavoro dunque incentrato sulle relazioni, verosimili e immaginarie, che è stato possibile costruire attorno a Roberto. Afferma il regista, Alessio Pizzech: “quel viaggio diventa un racconto di legami che costituiscono il centro della nostra vita: la famiglia, gli amici più cari, le persone che abbiamo incontrato sono in noi insieme alle voci, agli sguardi di chi non c’è più e verso cui abbiamo il dovere morale di vivere con pienezza la nostra vita”. Il viaggio di Roberto, aggiunge Pizzech, ci offre un’opportunità per consolidare il nostro senso di comunità: “in tempi tanto bui, di dolore e assenza di futuro, eccoci a consegnare a voi, spettatori giovani e meno giovani, la memoria di un ragazzo che ha attraversato morte ed umiliazione e che oggi torna a dirci che siamo una comunità. Comunità di uomini, di generazioni, di storie piccole che insieme fanno la ‘grande’ storia”.