DESENZANO DEL GARDA - Quando da Verona s’imbocca la Serenissima verso Milano si ha difficoltà a pensare che in venti minuti appena s’incontri un mondo ricco di meraviglie e tesori da ammirare. Infatti già il cartello annuncia Peschiera del Garda, ad evocare la prossimità del più grande lago italiano.
Ancora qualche minuto e l’autostrada supera il Mincio, il fiume in uscita dal lago che, bagnata Mantova, va poi a confluire nel Po, alimentandone il placido corso verso la foce. Già la natura si mostra più munifica e rigogliosa. Il lago, con l’enorme massa d’acqua, dona all’intorno un clima temperato e mite, favorendo fecondi vigneti - Lugana, Bardolino e Garda i vini tipici del lago -, un’intensa coltura di ulivi e persino la crescita di cedri, aranci e limoni altrimenti impossibile a questa latitudine. Il Garda è un grande triangolo d’acqua - 370 km quadrati - che per 52 km si distende dalla punta settentrionale incuneata nei contrafforti delle Alpi, con le cime dell’Adamello e del Brenta, fino alla base meridionale dove ora ci stiamo recando. Profondo fino a 346 metri, originò nel Quaternario con la discesa attraverso la Valle del Sarca d’imponenti colate glaciali, disegnando nella costa occidentale la suggestione d’incomparabile bellezza con le rocce che strapiombano sull’acqua. Lasciamo l’autostrada all’uscita di Sirmione. Nei pressi svetta la Torre di San Martino della Battaglia, che richiama il sanguinoso scontro dell’esercito piemontese contro quello austriaco nella seconda Guerra d’indipendenza del nostro Risorgimento.Scendiamo verso il lago. Eccolo, mentre compare gagliardo, azzurro intenso, trapuntato di vele. Mirabili colpi d’occhio regala in questa giornata di sole autunnale. Un venticello leggero increspa le onde che disegnano arabeschi di schiuma, frangendosi poi sulle rocce della riva. L’amenità dei luoghi trionfa anche nella gradevolezza delle architetture: case, ville e giardini contornano il lago, rispettandone a distanza il respiro. Siamo ora a Colombare, all’inizio della penisola, stretta lingua di terra che s’infila lunga nel lago, adornata di verde. La strada vi passa tra piante ben curate e case color pastello, postandoci a Sirmione. Lasciamo l’auto e guadagniamo a piedi l’ingresso del borgo, presidiato dalla maestosità del Castello Scaligero e dai cigni che solcano le acque del fossato e della darsena. Magnifico il maniero, con le sue mura merlate. Fu costruito alla fine del Duecento sotto la Signoria del veronese Cangrande della Scala. E’ il superbo vestibolo di Sirmione. Il borgo ha un impianto medioevale e sulle strette stradine d’acciottolato affacciano negozietti, bar e vetrine fantasiose. E’ un incanto. Le fogge di case, alberghi e botteghe sono gradevoli, lo stile è armonioso con l’insieme. Nell’intrico di viuzze scopriamo la quattrocentesca Chiesa di Santa Maria Maggiore, che è il cuore del borgo. Nei pressi della riva cipressi e allori, mirti e lecci, palme e aceri, magnolie e oleandri, abeti e pini mediterranei affacciano sulle acque profonde del lago. Seguiamo la strada addentrandoci verso la punta, dove il borgo si dirada e la penisola s’allarga per dare spazio a strutture ricettive e alle Terme. Nei pressi la rustica chiesetta, d’origine longobarda, di San Pietro in Mavino. L’apice del promontorio, punto più alto della penisola, offre una vista stupenda sul lago. Si spazia sui profili che lo contornano: a sinistra il suggestivo skyline di Desenzano e la possente costa rocciosa occidentale, che finisce su a Riva del Garda, mentre a destra l’andamento della riva veronese è piano e solo s’accentua nei pressi del pizzo di San Vigilio, dove il monte Baldo comincia ad elevarsi. Proprio sulla punta del promontorio dove siamo, degradando verso il lago, ecco i resti archeologici delle Grotte di Catullo, la residenza dove il grande poeta della latinità cantava con i suoi versi la bellezza di questi luoghi e l’amore per Lesbia.
Gaio Valerio Catullo era nato a Verona nel 56 a.C. Visse solo 30 anni, sufficienti però lasciare elegie e carmi di rara intensità poetica. Nella sua vita, passata tra Roma - dove ebbe amicizie ed amori, ma anche asperità con Cicerone e Cesare Augusto - e il Garda, nella residenza paterna di Sirmione il poeta ritrovava la serenità delle radici. Il territorio gardesano, nell’antichità, aveva visto una forte presenza romana. Non solo perché nella parte meridionale del lago passava la Via Gallica, arteria d’importanza strategica che collegava Mediolanum (Milano) ad Aquileia, ma proprio per la bellezza e l’amenità del luogo che richiamava famiglie patrizie e letterati, come il grande poeta mantovano Virgilio Marone e lo storico padovano Tito Livio. In quel fastoso periodo il Garda conosce un’intensa stagione di cultura e di arte, e le sponde del lago sono una meravigliosa riviera fiorita che invita alle gioie dell’otium e della contemplazione artistica e letteraria. Oggi questo luogo incantevole così caro a Catullo, e il borgo di Sirmione, richiamano una moltitudine di visitatori. Come peraltro tutti i centri del Garda sono meta di turismo culturale e sportivo, specie per chi pratica la pesca, gli sport acquatici e la vela. Un turismo interno assai numeroso raggiunge il Garda, e consistente anche quello dall’estero. Particolarmente frequentato da oltre due secoli da scrittori, artisti e musicisti del Grand Tour - Goethe, Stendhal, Byron, Nietzsche, Kafka, ed altri -, specie dalla Germania ma anche da altri paesi europei, negli anni recenti è meta di turismo dal nord America e pure dall’estremo Oriente.
Uno dei centri più significativi per flussi turistici è Desenzano. Bellissima città, può attualmente essere considerata la capitale del Garda. Non solo per la sua dimensione - ha quasi 29mila abitanti - ma per l’abbondanza delle meraviglie che offre, per la qualità delle iniziative culturali che vi si svolgono tutto l’anno, per l’eccellenza della ricettività turistica e dei servizi d’accoglienza offerti ai visitatori. Da Sirmione in soli dieci minuti d’auto s’arriva in uno dei parcheggi nei pressi del centro storico della città, rigorosamente chiuso al traffico veicolare. Curatissimo il verde. La città è un vero giardino colorato di piante e fiori, di scorci intriganti, di piazzette e viuzze, d’angoli suggestivi, dispiegati nell’ampio arco del Lungolago che dalla frazione di Rivoltella si stende per 6 km fino al Lido di Lonato. Al centro il porto, dove i traghetti partono e attraccano facendo la spola con le località più frequentate del Garda. Un magnifico percorso pedonale, nel lato destro del porto, consente d’ammirare, quasi camminando sull’acqua, il gioco delle onde tra i massi della riva, mentre dalle panchine del Lungolago s’apprezzano i cangianti colori dei monti e dei colli, che staccano con il profondo blu delle acque. Cuore del centro storico di Desenzano è Piazza Malvezzi, con i suoi caratteristici portici e al centro la stele con Sant’Angela Merici, religiosa che qui nacque nel 1474, fondatrice dell’ordine delle Orsoline e protettrice della città.
Fa da quinta alla piazza il Duomo. Dedicato a S. Maria di Magdala, costruito a fine Cinquecento e aperto al culto nel 1611, custodisce preziosi affreschi di Andrea Celesti ed un’Ultima Cena di Gian Battista Tiepolo. S’inerpicano dal centro storico diverse stradine per raggiungere l’abitato disposto più in alto, quasi a teatro romano. Fin sulla sommità, dove s’erge il Castello a quattro torri angolari, risalente all’XI secolo. Forse edificato su un antico castrum romano, strategico per la sua posizione e possanza, è stato pregevolmente restaurato dal Comune ed ora ospita mostre e concerti. Poco distanti dal Castello i resti d’una magnifica Villa romana, edificata in diverse epoche tra il I secolo a.C. e il IV d.C. Vi si possono ammirare magnifici mosaici, un triclinium, un viridarium con tracce di pittura murale e diversi ambienti di servizio. Un Antiquarium espone i reperti provenienti dall’area di scavo. Nelle vicinanze il Museo Civico Archeologico, realizzato in una chiesa dismessa, espone materiali dell’età del Bronzo, reperiti da insediamenti a palafitte nell’area del Garda. Unico è l’aratro in legno di quercia risalente al 2000 a.C., l’esemplare più antico, finora, nella storia dell’archeologia. Ancora una citazione merita Desenzano, per il monumento che ricorda gli Aviatori, e tra essi Francesco Agello, il pilota dell’Aeronautica militare due volte vincitore del titolo mondiale di velocità, nel 1933 e ’34, proprio sul lago di Garda. Nell’idroscalo di Desenzano, negli anni Trenta del secolo scorso, si formarono infatti i piloti del famoso Reparto Alta Velocità che conquistarono con i loro idrovolanti MC 72 Macchi ben tre vittorie mondiali di velocità aerea, rompendo il muro dei 700 km orari.
Riprendiamo la via costiera, ammirando castelli e rocche che impreziosiscono i centri dislocati sulle colline o sulle rive del lago. Meritano ciascuno una citazione ed una visita: i castelli di Lonato e Soiano del Lago, quello possente di Moniga, la rocca di Manerba, e ancora il castello di San Felice sul Benaco. Stiamo intanto arrivando a Salò, incantevole cittadina situata in un’ansa del lago. Conserva ancora, in parte, una limpida struttura di ricco e potente borgo medioevale, la cui impronta fu purtroppo mutilata dal terremoto del 1901. Splendido il centro storico, sul quale domina la mole del duomo tardogotico con il magnifico portale e all’interno dipinti di Paolo Veneziano, Zenone Veronese e Girolamo Romanino. Con la livrea d’antica capitale della “Magnifica Patria” - di cui resta il prezioso Palazzo, collegato con un bel portico a quello del Podestà -, Salò era difesa da una solida cinta muraria. Ancor oggi l’impianto urbano, nonostante le conseguenze del sisma e le sostituzioni edilizie intervenute, è ben riconoscibile seguendo il profilo del Lungolago. Passato nel 1426 dai Visconti di Milano alla Serenissima Repubblica di Venezia fino al termine del Settecento, Salò ebbe una non ricercata notorietà quando Mussolini, nell’autunno del 1943, ne fece sede di alcuni ministeri della famigerata Repubblica Sociale.
Il viaggio è alla sua ultima tappa: Gardone Riviera, o meglio il Vittoriale degli Italiani. Per un abruzzese come me, anche se tanto mi divide dal suo pensiero e dalla sua visione della vita, è impossibile non rendere omaggio a Gabriele d’Annunzio. Nato a Pescara nel 1863, scrittore poeta e drammaturgo tra i più grandi della nostra letteratura per fecondità creativa, per la straordinaria versatilità del suo ingegno e per la copiosa innovazione del linguaggio poetico e narrativo, è stato il maggior interprete del “decadentismo”. Uomo dagli amori travolgenti, come quello per Eleonora Duse, seduttore implacabile come implacabili erano le sue passioni. Ma l’immaginifico uomo di lettere fu anche politico, giornalista e militare, le cui gesta eroiche e quasi temerarie sono ormai leggendarie, come il volo su Vienna, la beffa di Buccari e l’impresa di Fiume. Insomma, un mito. Troppo ingombrante però per il regime fascista e Mussolini che, non mancando d’esaltarlo e in fondo temendone il carisma, tenne tuttavia il Vate “confinato” nella villa di Cargnacco, a Gardone. Ribattezzata da lui stesso Vittoriale degli Italiani, per sua volontà e indicazione, su progetto dell’architetto Giancarlo Maroni, la villa fu ampliata e trasformata a mausoleo di ricordi e simboli mitologici - con gusto assai discutibile e ridondante, per la verità - che celebravano il suo sfrenato egotismo. In questo luogo, dove fino all’ultimo d’Annunzio coltivò il gusto decadente dei suoi “eccessi”, nella cupezza d’una dorata solitudine spense i suoi giorni fino alla morte, arrivata il 1° marzo 1938. Oggi il Vittoriale è diventato un grande complesso monumentale e museale, dove unica aggiunta a quanto realizzato dal Vate è un panoramico teatro all’aperto. Del complesso, frequentato ogni anno da oltre duecentomila visitatori, cura la gestione e manutenzione la Fondazione Vittoriale degli Italiani, che nel corso dell’anno organizza pure eventi, convegni dannunziani, mostre e spettacoli. Qui, per ora, si ferma il nostro viaggio tra le meraviglie del Bel Paese, con la vista mozzafiato sul lago imperlato di riflessi e nell’azzurro il profilo verdeggiante dell’isola del Garda, regina del Benaco.
Goffredo Palmerini