Una telefonata a Paolo Giargia, vice-campione mondiale al Mondiale ISAF Youth Auckland 2016 nella classe Laser Radial, ci racconta qualcosa della sua vita, dai primi passi nel mondo della vela alle sensazioni derivanti dal mondiale giovanile appena concluso.
LN – Ciao Paolo, com’è nata questa passione per la vela?
P.G. – E’ iniziata grazie a mia madre nel 2007. Lei aveva fatto sia optmist che 420 e un’estate mi ha spinto a provare un corso estivo al Club Nautico Varazze. Mi è piaciuto subito e da lì ho sempre continuato.
LN – Sei un ragazzo di 18 anni, sicuramente dovrai fare dei sacrifici facendo vela a questi livelli
P.G. – Ho 3 allenamenti a settimana(4/5h n.d.r.), più la palestra perchè il Laser richiede molto dal punto di vista fisico. E’ indubbio che debba fare dei sacrifici, ma li sopporto volentieri. Allenarsi con la nazionale oltre ad essere divertente è anche stimolante, i ragazzi sono molto simpatici e c’è feeling nel gruppo. Alle regate internazionali poi si conoscono anche persone di tutto il mondo ed è veramente bello.
L.N. – Dopo il bronzo all’europeo di Tallin e un argento al mondiale, il prossimo sarà un oro olimpico?
P.G. – (ride) Magari! Questa era la mia ultima regata in Radial, dall’anno prossimo passo allo Standard e ci provo sicuramente. Devo anche prendere 5 kg…
L.N. – Com’è stato prepararsi con una campionessa come Alessandra Sensini?
P.G. – La preparazione con Alessandra è iniziata già quest’estate a Rio, quando mi ha portato agli allenamenti olimpici e ai raduni con la nazionale,oltre che alle regate della Youth Cup, grazie anche al sostegno della F.I.V. Prepararsi con questo gruppo mi ha sicuramente aiutato a crescere molto.
L.N. – Oltre all’argento personale anche il Nations Trophy..
P.G. – E’ stata davvero una soddisfazione, perché è la terza volta in 48 anni che l’Italia lo vince. Gli allenatori erano molto contenti e l’emozione di cantare l’inno sul podio con gli altri della squadra è stata veramente grande.
L.N. – Prima ci parlavi del feeling con la squadra; il gruppo come si è trovato ad Auckland?
P.G. – C’è stata una grande intesa con tutti, chi usciva in mare per primo al rientro dava consigli agli altri, puntavamo tutti a fare bene oltre che come singoli anche come squadra.
L.N. – C’è qualcuno senza il quale tutto ciò non sarebbe possibile?
P.G. – Sicuramente i miei genitori, per tutte le regate in cui mi hanno sostenuto economicamente, sopratutto all’estero. Quelle sono fondamentali per crescere e senza di loro non ne avrei avuto la possibilità. E’ stato importante anche il sostegno dei miei allenatori, Giampoaolo Timossi e Marco Superina.
L.N. – Hai portato una scorta di pesto o ti sei fidato della cucina neozelandese?
P.G. – Avrei dovuto davvero. C’era la mensa per i regatanti, ma non erano esattamente dei cuochi professionisti. Molte volte la sera ci siamo arrangiati in giro. La prossima volta partirò preparato
L.N. – Che significato ha per te questa regata?
P.G. – Sicuramente è stata la più difficile della mia vita, soprattutto a livello mentale. Mantenere la concentrazione alta per 5 giorni di fila è stato veramente difficile. Il vento è stato costante tutti i giorni e non è mai calato sotto i 10 nodi. Una regata complessa, ma forse anche la più bella finora.
L.N. – Hai mai pensato di “tradire” le derive e passare ai cabinati? In generale che progetti hai per il futuro?
P.G. – Mi sono giunte delle proposte e pensavo di provare con il J24, ma il laser non penso lo abbandonerò tanto facilmente. Per ora penso a diplomarmi allo scientifico e poi ad iniziare l’università, probabilmente Economia e Commercio a Genova. Per il futuro dopo questo staremo a vedere
Gregorio Ferrari, fonte: www.ligurianautica.com