Esce domani, 30 dicembre, nelle sale italiane “Il GGG - Il Grande Gigante Gentile” di Steven Spielberg, con Mark Rylance protagonista: l’amicizia tra un gigante vegetariano e una bambina orfana, che insieme lottano per il bene, viene raccontata con meravigliosa immaginazione, in cui si riflette la speranza di un mondo migliore. Il servizio di Luca Pellegrini:
Nel cuore della notte Sophie, che dorme poco, ma sogna molto ad occhi aperti, è sul balcone dell’orfanotrofio londinese nel quale vive. Una mano la afferra e la rapisce, per portarla nel suo mondo, non troppo rassicurante. E’ un Grande Gigante, che però, a differenza dei suoi consimili, i bambini non li mangia, ma li guarda e li ascolta. Per questo è anche Gentile. E questo è il mondo che il famoso romanziere Roald Dahl aveva immaginato nel 1982 scrivendo “Il Grande Gigante Gentile”, e che idealmente, dopo la sua scomparsa avvenuta nel 1990, oggi consegna al più famoso creatore di sogni del cinema, Steven Spielberg. Innamoratosi del soggetto, quando si tratta di raccontare fantastiche avventure di bambini il regista americano è inarrivabile, unico, meraviglioso. Il rapporto tra la piccola Sophie e il grande GGG, combattivo prima, che diventa di sincera accoglienza poi, si delinea come una piccola storia d’amore, due mondi che si incontrano e lottano per il bene e un futuro di coesistenza. Sotto le fiabe c’è sempre un frammento di profetica verità. Steven Spielberg, affascinato da queste due figure così diverse e bellissime, descrive con queste parole la loro amicizia.
“I think BFG (Big Friendly Giant) meets his match when he meets Sophie. …
Credo che il Grande Gigante Gentile raggiunga il suo scopo quando incontra Sophie. Sophie è orfana, e in un certo senso lo è anche GGG. Anche se i giganti hanno un padre e una madre, come scopriremo più avanti nel film, GGG si sente orfano, perché quello che fanno i suoi fratelli - mangiare i bambini - ha fatto sì che GGG sia diventato in qualche modo un emarginato. GGG afferma di essere vegetariano, GGG ha un cuore pacifico e un’anima profonda: non lo fa, non l’ha mai fatto e mai lo farà!”.
Il ruolo di Sophie è stato affidato a Ruby Barnhill, una ragazzina inglese di appena nove anni. Il regista ricorda ancora questa scoperta, che lo ha profondamente colpito.
“When Ruby came in, there was something about her …
Quando Ruby è entrata, c’era qualcosa in lei … quando faccio i provini per i miei film, soprattutto quando cerco attori giovani, non mi chiedo perché all’improvviso scelgo qualcuno; non lo analizzo, non lo osservo da punti di vista diversi, non mi interrogo … semplicemente, mi dico: ‘Mio Dio, potrebbe essere lei!’”.
Il mondo di GGG è costruito artificialmente grazie a incredibili tecniche digitali. Eppure Spielberg sa bene che la verità dei personaggi è frutto della bravura degli attori capaci di astrarsi dalla tecnologia, di credere alla storia che interpretano.
“The only thing that was really important to me was that …
L’unica cosa veramente importante per me era che tutti gli attori credessero davvero di essere nel luogo in cui si trovavano e che potessero percepirlo, escludendo dalla vista tutto quello che accadeva intorno a loro. Il “rumore” della tecnologia doveva scomparire, e l’unico modo per farlo andare via era, come ha fatto Mark Rylance, di credere fermissimamente nella storia, di avere fede nella storia, e come Ruby, che ha una fiducia enorme nella sua immaginazione. E grazie alla fede di Mark nella storia e nel come rappresentarla, e a quella di Ruby secondo cui tutto è possibile, i due attori sono stati capaci di fare in modo che il mondo della tecnologia più evoluta sparisse, di scambiarsi la più autentica delle interpretazioni. Luca Pellegrini, Radio Vaticana, Radiogiornale del 29 dicembre 2016.