Uscito ieri martedì 27 dicembre 2016 in download e streaming su BandCamp e a seguire su tutte le piattaforme digitali (distr. The Orchard) "Orior", il 1° album della compositrice e pianista Valentina Casesa. Presto sarà disponibile anche in formato fisico: una preziosa edizione limitata, un cofanetto di legno contenente fogli, rami, memorie e tracce di percorsi, con download-code e invito al viaggio stampati sul fondo.
Il disco è composto da cinque brani: una sorta di piccolo scrigno 'modern classical' che Valentina ha sigillato prima di partire per questa avventura discografica che la vedrà tornare in studio per il suo album di lunga durata nel 2017. Ciononostante, Oriorè un'opera di significativa meditazione sul suono e sul suo significato più profondo, prendendo per mano l'ascoltatore.Nasce così un nuovo album pianistico di Almendra Music, ancora una volta da percorsi, da geografie umane e artistiche, da sensazioni tradotte in musica e offerte all'immaginazione e alla sensibilità dell'ascoltatore: è Orior, debutto discografico di Valentina Casesa. Dopo Ambienti di Giovanni Di Giandomenico, per pianoforte, pianoforte preparato ed elettronica, la indie-label siciliana sottolinea con un nuovo disco la propria idea di "Almendra piano album", caratterizzati ciascuno dal protagonismo dello strumento e da un approccio compositivo di volta in volta diverso ma coerente, riconoscibile, e dai risultati pregnanti sia intellettualmente che emotivamente. L'intervista a Valentina Casesa.
L'ultimo disco Almendra Music, Ambienti di Giovanni Di Giandomenico, era incentrato sui luoghi. Partiamo proprio da qui perchè anche il tuo lavoro si muove intorno ai luoghi, al movimento, alle geografie umane e artistiche. Non a caso hai affermato di aver voluto “unire dei punti per cercare un’essenza comune”.
Sì, ogni partitura rappresenta un viaggio, per me e per chi ascolta, e così anche ogni registrazione perché durante il lavoro in studio non hai mai una percezione definitiva, se non solo dopo aver affrontato un percorso, un viaggio, attraverso lo strumento. Riesco a scrivere soltanto immaginando. Ricreare attraverso il pianoforte un luogo, un accadimento, un profumo, colore, emozione, è il modo in cui cerco di comunicare col mondo, sentendone profondamente, a volte anche violentemente, ogni più lieve inflessione e sfumatura. Per questo la mia ricerca si fonda sull'essenza del suono, il quale essendo mezzo di trasmissione di energia, percorre non solo gli spazi ma è capace di entrare dentro l'anima fisicamente, ponendosi in risonanza con l'uomo.
Ovviamente la mia è una ricerca, non dico di aver trovato "Il Modo", e mi auguro di non trovarlo mai, così avrò sempre stimoli per scrivere, raccontare e comunicare.
Questo disco mostra un tuo approccio alla scrittura quasi "narrativo". Ogni brano nasce da "una necessità"...
Esattamente, "ricreare/trasformare"è il modo in cui le mie emozioni ed i miei "viaggi" prendono una forma musicale: la trasformazione di qualcosa è un racconto che avviene nel tempo. Poi vi sono composizioni che nascono con una facilità estrema, senza alcun cambiamento o ripensamento in scrittura, e altre invece sono così dense, complesse, che a causa del loro carico si ha quasi la necessità di "vomitare" tutto quello che si ha dentro. Mi dispiace utilizzare un termine così forte, ma ora non saprei come altrimenti definire un processo compositivo a volte, per me, così viscerale.
Il disco è composto da brani che hanno origini e provenienze diverse. A lavoro concluso, quale pensi sia il filo conduttore che li lega?
Se ogni brano è un viaggio, il filo comune tra tutti è il fatto che io, componendo e suonando, ho realizzato il mezzo di trasporto. Lascio quindi i dettagli della risposta a chi ascolta, in viaggio con me.
In questo cammino di ricerca - tu stessa parli di brani come "creature viventi" - è stato decisivo il lavoro sul suono. Ci spieghi meglio premesse e procedimento?
Sì, questa è una domanda complessa. Entrando negli studi Almendra, da principio, pensavo di dover semplicemente registrare, ed ero anche convinta che tutto sarebbe venuto fuori in modo scontato, come in una qualsiasi sessione di registrazione: arrivi preparata, si prova il pianoforte, si fa qualche ripresa audio, si ascolta e si ritorna ad incidere la versione definitiva. Tutto ciò non è avvenuto! Ho sì provato il pianoforte e sentito qualche prova di registrazione, ma poi Gianluca mi ha invitato a una costante concentrazione sul suono, istante per istante: "tieni il suono!", la tensione, la vibrazione delle corde, e la mia, in ogni nota. E' un operazione complessa da definire, provo a essere più chiara: ogni suono nasce e muore, oppure si trasforma in altro suono. La ricerca di “essenza del suono” è stata la estrema concentrazione su questa vita del suono e sulle sue trasformazioni, per ogni brano, per ogni singola frase musicale, ogni nota, ogni singolo respiro, la trasformazione degli armonici in altri armonici, anche con l'uso del pedale come ulteriore e specifico strumento all'interno del pianoforte. Mi è piaciuta molto l'idea di sentire ogni suono vivo, presente, e di portare l'ascoltatore dentro il suono, avvolto dallo stesso, come se il mio suono fosse una calda coperta in una fredda sera d'inverno.
Questo è il tuo debutto discografico, ma non compositivo. Un lavoro importante nella tua storia è Con un soffio di Vento: che differenze ci sono rispetto ai brani del piano solo?
"Con un soffio di Vento", sicuramente un lavoro impegnativo, è un'opera da camera di cui ho realizzato sia libretto che musica. Si tratta di una storia intensa, sofferta, il cui tema è l'assenza dell'uomo e la percezione della presenza nonostante l'apparente morte. Che si tratti poi di morte fisica o mentale, intellettuale, questo ovviamente non è espresso palesemente all'interno dell'opera. E' stata una mia prima dichiarazione di vita, reazione alle assenze vissute, e quindi di trasformazione del mio passato e del mio vissuto. Vi ho espresso la mia visione di luce e di buio, ma con la volontà di dare una spinta propulsiva, diciamo un'accelerazione alla mia esistenza.
Questi brani per pianoforte invece, dal punto di vista della mia storia personale, rappresentano me dopo questa "dichiarazione" di vita. Quindi attraverso questi brani, peraltro anticipazione di un album di più lunga durata, già in preparazione, dichiaro al mondo di essere ufficialmente in viaggio (e sono solo all'inizio)!
Cosa ascolta di solito Valentina Casesa?
Diciamo che non ho il famoso "cantante preferito", non sono appassionata di musica “da classifica”, ma amo ascoltare un po' di tutto. Adoro ascoltare soprattutto la musica dei miei amici compositori, le musiche di oggi, le colonne sonore dei film, sia nel loro contesto che fuori, le commistioni sonore di ensemble strumentali poco comuni, l'utilizzo delle voci anche come timbri strumentali.
Mi appassiona ogni musica che sia in grado di trasmettere vera energia ed odio tutto ciò che risulta essere profondamente "costruito" e che non dia all'uomo-ascoltatore un'immagine vera dell'uomo-artista.
Quali sono i tuoi artisti prediletti, quelli con cui si cresce e ci si confronta?
Adoro Schumann, Sting, Ligeti, Bach, Britten, Takemitsu, Sakamoto... Volutamente citati così, senza una classifica e senza un prima e un dopo. In realtà preferisco anzitutto confrontarmi con i miei amici compositori e musicisti, quelli con cui ho vissuto gli anni di studio in Conservatorio o semplicemente coloro che ho avuto modo di incontrare nel corso della mia vita. Ho per esempio un bel rapporto, di amicizia e di profonda stima artistica, con la compositrice Barbara Rettagliati, mia prima insegnante di composizione, spesso parliamo di scelte compositive, d'orchestrazione. Anche con Mirko e Giorgio, due terzi del Trio Arté, coi quali ho un rapporto decennale, per cui ci ritroviamo costantemente a parlare, durante le prove del Trio, di aspetti compositivi dei brani oggetto di studio, e delle mie composizioni; per la scrittura degli archi è bello averli vicini, anche per un parere nelle prime fasi sperimentali di un brano.
Quando viene fuori un lavoro nuovo c'è anche l'aspetto più simpatico, negli scambi tra colleghi ed amici, di frasi del tipo: "Sono in ritardo sulla consegna del brano... Ma ho già detto che mi mancano solo le ultime battute!". E' in quel preciso momento, negli scambi tra colleghi, che comprendi che scrivere musica è decisamente una passione, e non può essere solo un lavoro realizzato a tavolino. E spesso le scadenze delle consegne non aiutano, ma alla fine, tra mestiere e rapporti, quasi magicamente, si riesce sempre a far tutto.
La prossima uscita Almendra Music - prevista per il 17 gennaio 2017 - riguarda Marco Betta: quanto è stata importante questa figura per il tuo percorso di compositrice?
Tanto, ma non solo perché Marco è stato colui che mi ha accompagnato nel percorso di formazione fino al conseguimento del biennio di composizione, ma anche sotto il profilo della comprensione di ciò che sono artisticamente, il mio Maestro. Credo che quest'aspetto non sia scontato, e oggi che a mia volta insegno posso dirlo con certezza. Molti docenti mirano esclusivamente a fornire un bagaglio, sia pure importante, attraverso l'insegnamento delle materie; davvero pochi sono quelli che mirano alla crescita dell'individuo e della sua identità, alla conoscenza delle potenzialità degli allievi. Marco appartiene a questa seconda categoria di docenti, oltre ad essere un fantastico compositore (mi sembra quasi superfluo e riduttivo ricordare le sue abilità compositive).
Dopo il percorso in conservatorio, ciò che rimane è infatti un rapporto basato sul rispetto e sulla stima reciproca tra colleghi, ed una bellissima amicizia di cui sono proprio felice.
Foto di Alessandro Ingoglia
Biografia
Valentina Casesa, compositrice e pianista, è autrice di musica strumentale e d'opera, musica per le immagini e per la danza. Le sue composizioni sono narrazioni in continua evoluzione, senza certezza di sviluppo e fine, moti continui che avvolgono in calmi paesaggi o sorprendono con scarti improvvisi, e coinvolgono ascoltatori da qualsiasi background sollecitando emozioni e immagini profonde, complice anche una ricerca del colore strumentale sempre ben ponderata e spesso sorprendente.
Valentina ha incontrato il pianoforte all'età di sei anni e si è diplomata con lode in pianoforte, composizione e direzione di coronel Conservatorio della sua città, Palermo. Figure importanti per la sua formazione sono stati Charles Rosen, Ennio Pastorino e Jaquin Achucarro per il perfezionamento pianistico, Dario De Rosa e Renato Zanettovich del Trio di Trieste per la musica da camera, Barbara Rettagliati e Marco Betta per la composizione.
La fioritura del suo linguaggio è avvenuta nella dialettica tra la costante pratica al pianoforte della musica classica e romantica, specialmente col Trio Arté, e la fascinazione per l'approccio al suono di autori orientali come Toru Takemitsu e Ryuichi Sakamoto, assumendo anche spunti dalle idee di spazialità musicale di Gyorgy Ligeti.
Oltre al riconoscimento da parte del pubblico più variegato, la musica di Valentina è stata di recente apprezzata anche da Sofia Gubaidulina, ascoltatrice partecipe in prova e in sala alla prima realizzazione di “Perceptions”(2015), per ensemble di percussioni, composta in onore della grande compositrice per il Festival Nuove Musiche del Teatro Massimo di Palermo. La decennale collaborazione col Trio Arté, di cui è cofondatrice, ha portato Valentina sui palchi dei festival e stagioni concertistiche di area classica in Italia e all'estero, spesso condividendo il palco con grandi solisti, tra i quali Gilda Buttà, Karl Alfred Rutz, Riccardo Ghiani, Claudio Marinone.
Nel 2013 Valentina debutta anche come autrice di teatro musicale, con l'opera da camera “Con un soffio di Vento”, su soggetto e libretto suoi, la cui prima ha avuto luogo alle Orestiadi di Gibellina. Dello stesso anno è anche “Aspettando Violetta”, per orchestra, soprano e voce pop, realizzata in Piazza Maggiore a Bologna in memoria delle vittime della strage del 2 Agosto 1980, e trasmessa in broadcasting e webcasting internazionale da Rai TV. Nel maggio 2016 la musica da camera di Valentina varca i confini italiani, con “Fìmmina”, per violino, violoncello e pianoforte, dedicata al Mediterranea Trio (Gran Bretagna) e realizzata dallo stesso a Londra come evento ufficiale al British Museum in occasione della mostra sulla Sicilia che ha inaugurato la nuova direzione del museo britannico. Pochi mesi dopo Valentina è compositrice e pianista, in dialogo con temi wagneriani tra scrittura e improvvisazione, in "Saracina", realizzazione scenica dell''omonima opera non musicata di Richard Wagner, in scena al Festival Pergolesi Spontini a Jesi e ancora al Teatro Massimo di Palermo.
Valentina chiude il 2016 con una nuova apertura, “Orior”,debutto discografico da pianista-compositrice, prodotto e pubblicato da Almendra Musicin anticipazione dei lavori in corso per il primo LP, già programmato per la pubblicazione nel 2017.
ORIOR: annotazioni di Valentina Casesa.
Se qualcuno pensa che io abbia deciso di realizzare un disco, si sbaglia.
Tecnicamente ho solo iniziato ad unire dei punti, situati in varie parti del globo terrestre, per cercarne come un'essenza comune. Non è facile viaggiare costantemente, prendere aerei, fare bagagli, magari hai anche lavoro, casa, famiglia, devi vivere in qualche modo. Ma nulla ti vieta di viaggiare resistendo, anche ad occhi aperti, sentire gli odori dei luoghi in cui sei, fotografarne i colori.
I brani registrati hanno età differenti, momenti ed episodi diversi pronti a definirsi e ridefinirsi l'uno con l'altro. Tutti però, infine, sono stati "cercati" in studio di registrazione, nota per nota, oltre la scrittura; mi piace sentire il suono nascere, svilupparsi e cambiare identità, oltre la morte acustica del suono stesso… Sentire l'ultimo suono, gli armonici che vengono sopiti dallo smorzo sulle corde per poi rinascere in altri suoni e così fino alla fine del racconto. Ogni brano è una creatura viva.
Vi sono volte in cui la scrittura diventa una necessità, ed appare complicato scrivere
perché sai che vorrà dire trasformare tutte le emozioni, i pensieri e le idee in note, vorrà dire a volte anche vomitare tutto il dolore che hai dentro per poterlo trasformare in qualcosa di bello, di diverso. A volte invece basta solo sentire un odore, incontrare uno sguardo e sei subito altrove, come nel caso di Sunrise, che percorre la sua strada tra un giardino zen e lo scorrere dell'acqua che poi diventa fiume e poi ancora cascata di suono; invece Untitled #1è nato letteralmente, così come lo si sente nel disco, in una serata piovosa, uno di quelle in cui ti viene voglia di sorseggiare una tisana o un bourbon, (personalmente mi piace pensare che la mia tisana sia come un buon bourbon) e poi metterti al piano e buttare giù le dita cercando i suoni capaci di portarti nei paesi del nord del continente, con un'armonia tendente dal giallo fino al caldo arancione, e sentirti avvolta dal suono, da una coperta, e da un buon vecchio bourbon.
La scrittura per me è così, grossomodo, ora però sarebbe giusto se io raccontassi una storia per ogni mia composizione, o meglio: in realtà io racconto una storia, la mia, ma chiunque ascolti deve poter trovare la propria e poterla trasformare a piacimento, cercando dentro di sé lo stesso suono, la stessa vita, la stessa essenza.
Buon viaggio a tutti.
Valentina Casesa – Palermo, 20 novembre 2016
Orior: una conversazione con Valentina Casesa.
Valentina Casesa - piano
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label & publishing: Almendra Music [ almendramusic.bandcamp.com ]
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credits
released December 27, 2016
all music by Valentina Casesa
produced by Gianluca Cangemi & Luca Rinaudo
co-executive producer: Danilo Romancino
recorded live-in-studio on October 22-23, 2016 at Zeit Studio, Palermo (Italy) by Luca Rinaudo and Gianluca Cangemi
mixed by Luca Rinaudo and Giovanni Di Giandomenico at Zeit Studio, Palermo (Italy) and at Marzahn Sessantunodue, Berlin (Germany)
mastered by Luca Rinaudo at Zeit Studio, Palermo (Italy)
art direction and design by Antonio Cusimano [ 3112htm.com ]