Da sempre ci hanno riempito la testa con il modello anglosassone del musical con artisti a tutto tondo che con disinvoltura e bravura passano dalla danza alla recitazione al canto in maniera naturale mostrando tecnica, preparazione, forza fisica e carisma...
Bene, sarà stata sfortuna e solo un caso: ero tanto curioso di vedere un musical nella splendida Londra, ancora più bella sotto l'effetto delle luci e degli addobbi di Natale, ancora più raggiante nella sua economia sbattuta in faccia ai Paesi dell'UE da cui sicuramente e continuamente riuscirà a trarre vantaggio.
Sono incappato in "The Bodyguard".
Mi sono detto: le canzoni sono belle, ricordo la trama e quindi la comprensione in inglese delle parti parlate sarebbe stata meno difficile... mi sono detto.
Appena il sipario del Dominion Theatre si è alzato, ho percepito un qualcosa di particolare: all'inizio l'ho attribuito alla emozione che mi stava accompagnando nella visione dello spettacolo.
Poi, mentre la storia si snodava sotto i miei occhi e le mie orecchie ho capito che si trattava di un senso di delusione.
Certo, per carità: la musica eseguita dal vivo dall'orchestra era ineccepibile, i cantanti solisti eccellenti (in primis, Beverley Knight, of course), anche le coreografie erano eseguite benissimo. Ascoltare canzoni come Queen of the Night, So Emotional, One Moment in Time, Saving All My Love, Run to You, I Have Nothing, Greatest Love Of All, Million Dollar Bill, I Wanna Dance With Somebody e, ovviamente, I Will Always Love You fa sempre bene.
Mi ha lasciato prima perplesso e poi, a freddo, di stucco il livello della recitazione: la stessa Beverley Knight e soprattutto la "guardia del corpo" Ben Richards hanno dato una prova di basso livello che mi ricordavano certe recite scolastiche o di compagnie amatoriali dei piccoli paesi.
Per non parlare dell'assassino: le sue pose e i suoi primi piani proiettati sullo schermo gigante erano portati talmente all'estremo per sembrare il più possibile cattivo da suscitare risate da parte degli spettatori, che evidentemente non sapevano distinguere un momento drammatico da uno leggero.
È vero che nemmeno nell'omonima pellicola la compianta Whitney Houston e il bel Kevin Costner avessero proprio brillato, però qui voliamo davvero basso.
La cosa più sorprendente? La standing ovation finale del pubblico; e presumo sia così ad ogni replica. Mah...
Giovanni Zambito