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L'Ue rimprovera l'Italia. Renzi: no ad austerity suicida

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L’Italia e altri cinque Paesi dell’Unione Europea rischiano di non rispettare le regole del Patto di stabilità nel 2017. Questo il giudizio della Commissione Europea sul quale si pronuncerà l’Eurogruppo il prossimo cinque dicembre.
Per l’Italia, spiega il commissario Ue agli Affari economici Pierre Moscovici, un’ampia parte delle spese in eccesso “è legata ai costi associati al terremoto e alla gestione dei flussi migratori” e di questo sarà tenuto conto. Proprio la richiesta di maggiori investimenti su questi settori è stata alla base, ieri a Bruxelles, del no dell’Italia alla revisione del bilancio europeo. Il premier Renzi dice basta all'austerity suicida e annuncia la decontribuzione totale per chi assume al Sud. Dalla Grecia un messaggio all’Europa ad abbandonare l’austerità è arrivato anche da Barack Obama, che ha incontrato il premier greco Tsipras nel corso delle sue ultime visite da presidente. Per un commento ascoltiamo Alberto Quadrio Curzio, economista e presidente dell’Accademia dei Lincei, al microfono di Michele Raviart:
R. – Il messaggio è molto chiaro, perché gli Stati Uniti dopo aver determinato la grande crisi hanno scelto una duplice strategia economica: da un lato, con una forte politica monetaria per facilitare l’afflusso di moneta al sistema produttivo, hanno salvato parecchie banche; ma dall’altro lato hanno messo ben presto in atto una politica di espansione fiscale attraverso investimenti pubblici, il supporto di alcune imprese industriali in difficoltà. L’Europa ha fatto solamente una scelta, quella di un forte irrigidimento dei vincoli di bilancio; successivamente, ancora, è intervenuta la politica monetaria che di giorno in giorno si è allargata ma che non ha fatto praticamente nulla sul lato della politica fiscale per stimolare, spingere gli investimenti e quindi la crescita economica. Quindi la differenza è notevole. Noi in Europa, più o meno, siamo usciti dalla crisi nel 2013; gli Stati Uniti, invece, erano già usciti nel 2010.
D. - Le parole di Obama arrivano a mandato finito e con Trump che ha appena vinto le elezioni. Questo, è un messaggio anche alla nuova amministrazione?
R. - Per ora le dichiarazioni del neopresidente non mi sembrano particolarmente interpretabili; quindi bisognerà aspettare, anche se bisogna tener conto che la situazione americana è profondamente cambiata dopo la crisi del 2009.
D. - Intanto l’Unione Europea in questi giorni ha avviato la procedura per l’approvazione delle modifiche di bilancio fino al 2020. L’Italia ha votato “No”. Che cosa significa questa presa di posizione?
R. - La richiesta dell’Italia è fondata: investimenti, problema dei migranti, ricerca, occupazione dei giovani … Sono tutti valori in sé e valori anche di natura economica. Detto questo, il bilancio comunitario, il quadro finanziario poliennale, è piuttosto rigido. Bisognerà vedere come si riesce a modificare. Il principio che Renzi afferma, cioè che chi non accetta le regole comuni di solidarietà non può poi beneficiare di sostegni marcati, mi pare un principio condivisibile. Esiste una solidarietà europea, i migranti vengono ripartiti per quote; queste quote devono essere in qualche modo accettate dai Paesi partecipanti.
D. - La Commissione europea ha affermato che sei Paesi tra cui l’Italia non hanno rispettato le regole di bilancio. Questi parametri possono ancora garantire l’Europa o c’è bisogno di una modifica?
R. - C’è bisogno di una modifica perché non basta fare un’analisi accuratissima, rigorosa, prescrittiva e in taluni casi con meccanismi eventualmente punitivi dal punto di vista monetario; ci vuole anche una strategia di sviluppo economico. L’Europa su questo devo dire che riflette, elabora, ma non giunge ad una conclusione soddisfacente. Non è possibile pensare ad una situazione in cui si usa solo parte della strumentazione di politica economica, la politica di rigore di bilancio e la politica monetaria, ma non c’è una vera e propria politica di sviluppo. Michele Raviart, Radio Vaticana, Radiogiornale del 16 novembre 2016.

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