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Anversa, commuove e scuote la potenza wagneriana dell'Olandese volante. La recensione di Fattitaliani

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La potenza wagneriana di un'opera magistrale (Der fliegende Holländer) scuote e commuove di dolci e potenti note la città belga di Anversa.

Gli spettatori, in quanto uomini, in cerca di una loro Senta che li salvi, restano catturati dalla profondità del compositore tedesco, in balia di una musica che annega e redime.
L'Ouverture anticipa i temi di una vicenda fantastica lieve e oleosa, che con onde altissime travolge e cattura lo spettatore, scoordina lo scafo del quotidiano, porta in superficie la ricchezza non spesa dello spirito umano.
Per ogni uomo che solca i mari c'è un demonio parente che trasforma la sfida in tempesta e incubo, ma per ogni olandese volante che è in noi c'è una promessa d'amore che le poche volte che ci è permesso un sereno attracco può realizzarsi.
Ad Anversa (in scena fino al 4 novembre e poi a Gent dal 15 novembre) tutto ciò prende corpo grazie a una direzione musicale impeccabile del Maestro Cornelius Meister, la regia di Tatiana Gürbaca, la scenografia minimalista ma efficace di Henrik Ahr, i costumi di Barbara Drosihn, e ovviamente gli artisti.

Iain Paterson (l'Olandese volante)
Liene Kinča (Senta)
Ladislav Elgr (Erik)
Dmitry Ulyanov (Daland)
La parte finale della rappresentazione ipnotizza e ingloba tutte le attese con effetti cromatici (e di scena e di costumi) che coinvolgono tutti coloro che sono sul palco, rendendo palpabile il significato consuntivo di un'opera che emoziona sempre. Giovanni Zambito.

Foto copertina: © Annemie Augustijns


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