È stato presentato alla Festa del Cinema di Roma e arriverà sugli schermi italiani il 17 novembre “La verità negata” del britannico Mick Jackson, nel quale si ripercorrono i giorni del famoso processo a Londra che videro coinvolti la professoressa ebraica Deborah Lipstadt e il negazionista David Irving, portando alla vittoria della verità sulla menzogna e il fanatismo. Il servizio di Luca Pellegrini:
Fu uno dei processi più importanti nella storia legale del Regno Unito, ma questa importanza travalicò quei confini perché toccava uno dei momenti più spaventosi della storia e il suo riflesso sulla verità con cui i fatti sono tramandati e ricordati. Deborah Lipstadt, professoressa americana di studi ebraici moderni, nel 1996 fu citata in giudizio da David Irving, un irriducibile negazionista, per diffamazione. Per la legislazione britannica era lei che doveva dimostrare la propria innocenza, che significava dimostrare la verità del genocidio ebraico compiuto dai nazisti. Scrisse un libro sui giorni del processo, che la vide vittoriosa dopo trentadue udienze in tribunale, nell’aprile del 2000. E Mick Jackson ha girato un film avvincente ed equilibratissimo attingendo a quelle pagine, con Rachel Weisz ad interpretare il ruolo della docente. Che abbiamo incontrato a Roma, chiedendole quale è stata la sua prima reazione sapendo che la sua storia sarebbe stata raccontata sullo schermo.
R. - I have been in conversation with the producers …
Ero già in contatto con i produttori. Improvvisamente qualcuno mi ha chiamato e mi ha detto: ci sarà un film. Sapevo che erano interessati al mio libro, quindi ero in contatto con loro. Non è stata una grande sorpresa, ma la mia grande preoccupazione prima di firmare il contratto era una sola: eravamo al telefono e ho detto: “Ascolta questa è una storia che parla di verità, e tu devi essere assolutamente fedele alla verità. Non è una storia che puoi abbellire, è una storia vera e tu devi essere assolutamente fedele alla verità”. Questa è stata la mia più grande preoccupazione e paura.
D. - Professoressa Lipstadt, quali sono stati i momenti più difficili e dolorosi di quei mesi e quale quello che l’ha maggiormente resa felice?
R. – Auschwitz is a terrible place, but it’s a worst place when you feel alone…
Auschwitz è un posto terribile ma è un posto peggiore quando ti senti sola là… Mi sono sentita sola. Non c’era nessuno con cui potevo parlare…. Mi sono sentita malissimo…. E’ stato un momento orrendo, orrendo per me, molto difficile. Un altro momento difficile è stato quando il giudice ha posto quella strana domanda e lei, Rachel Weisz, si gira e chiede che cosa sia successo. Perché quello che ci spaventava così tanto della domanda è questo: se lui si preoccupa se una persona è genuinamente negazionista e antisemita, e gli credi, allora devi credere a quello che pensa. Ad esempio, se uno è razzista, che le persone di colore sono davvero inferiori. Questo è un pregiudizio, questo è odio. Così noi non eravamo sicuri che il giudice avesse accolto le nostre ragioni. E questo è stato un momento molto difficile. Il momento invece che ho vissuto con più gioia è stato quando abbiamo vinto, quando ho potuto parlare di nuovo, e il giudice ci ha dato un verdetto così schiacciante, in cui così tanto disprezzava Irving: lui mente, lui manipola, lui distorce, tutte parole utilizzate nel processo. E’ stato così pieno di soddisfazione che il giudice avesse capito ogni singola questione. Come è detto nel film - lo dice uno dei reporter -: questa è stata la sentenza legale più schiacciante nella storia inglese. Luca Pellegrini, Radio Vaticana, Radiogiornale del 19 ottobre 2016.