di Domenico Logozzo* L’AQUILA - Un motto attribuito a Gabriele d’Annunzio e cento pagine di storia, con preziosi documenti finora “top secret”, frutto di ricerche meticolose nell’Archivio dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, per l’esatta interpretazione dello stemma araldico del Battaglione Alpini L’Aquila.
E’ quello che ha voluto di fare lo studioso aquilano Gianfranco Giustizieri con il libro “Gli Alpini, d’Annunzio, un motto - Storia, Poesia, Leggenda in terra d’Abruzzo e anche oltre” appena pubblicato dall’editore Carabba.C’è grande attesa per la presentazione ufficiale in programma nel capoluogo regionale dell’Abruzzo il 7 ottobre, alle ore 16, nell’Auditorium del Parco, nella giornata d’apertura del 1° Raduno del Battaglione Alpini L’Aquila. La giornalista Rai Maria Rosaria La Morgia intervisterà l’autore Gianfranco Giustizieri e Antonino Serafini, presidente della Casa editrice Rocco Carabba.
Previsti gli interventi di Maurizio Capri, presidente del Comitato organizzatore della manifestazione e del prof. Walter Capezzali, presidente della Deputazione di Storia Patria negli Abruzzi, che illustrerà la “genesi di una ricerca” compiuta con la pazienza di un certosino e l’arguzia “dell’indagine poliziesca alla Sherlock Holmes”, come sottolinea nella postfazione. Capezzali evidenzia “lo stile giallo con il quale l’autore ci introduce non soltanto ad una rilettura attenta di documentate pagine di storia militare, ma anche alla scoperta di un “falso” che parte da una corretta attribuzione per arrivare ad una fantasiosa interpretazione: maestro sia nel sancire la prima, sia nello scoprire la seconda”. E sottolinea che” Giustizieri non finisce mai di stupire”. Vediamo perché. Ne parliamo con l’autore di “questa altra storia”, come lo studioso definisce il suo ultimo interessante saggio.
“Tutto è iniziato l’anno scorso - ci dice Giustizieri - in occasione dell’Adunata Nazionale degli Alpini a L’Aquila. Curiosità nate intorno ai motti che identificano i diversi reggimenti, i battaglioni e le stesse compagnie degli Alpini, in questo caso, ma delle varie forze armate in generale. Motti identitari dietro i quali sono racchiuse storie individuali e collettive che raccontano di tempi lontani non sempre conosciuti. I motti…parlano, rivelano, rendono manifeste narrazioni di guerra e di pace, di sofferenza e di gioia, di ardimenti e di altruismo. Parole poste come in uno scrigno, metafore di avvenimenti da rintracciare nel percorso del tempo.
Lei scrive che la curiosità è divenuta più motivata con il motto dello stemma araldico del Battaglione Alpini L’Aquila, di origine dannunziana “D’AQUILA PENNE UGNE DI LEONESSA”. Cosa ha scoperto?
Il percorso è stato…accidentato, non sempre facile. Il ricorso ai documenti originali era necessario per cercare di capire la firma sicura, la storia, l’interpretazione, la probabile leggenda. Così, con l’aiuto indispensabile e prezioso di persone che nomino nella pagina dei ringraziamenti, ho aperto…lo scrigno e sono venuti fuori documenti preziosi. Due gli itinerari: militare all’interno dell’Archivio Storico dell’Esercito Italiano con faldoni impolverati dal tempo e letterario nelle biblioteche attraverso le innumerevoli pagine dannunziane e documenti della sua storia personale. I due percorsi, come due affluenti, si sono ricongiunti in un unico fiume e la sua storia. Quindi l’origine del Motto e la sua fonte sorgiva, i suoi significati, la polisemia delle parole, le sue applicazioni.
Mesi di ricerche e di consultazioni e di letture e di analisi. Come ha organizzato tutto il lavoro tra “storia, poesia, leggenda in terra d’Abruzzo e anche oltre”?
Come ho detto ho seguito due percorsi inizialmente indipendenti tra di loro ma che dovevano sicuramente incontrarsi se alcune intuizioni erano giuste. Poi i documenti, quelli trovati ma anche quelli perduti, hanno…parlato. In questo l’Archivio Storico è stato insostituibile, non ho fatto altro che cercare, catalogare, scegliere per la mia storia (tanto altro ci sarebbe da narrare). E d’Annunzio, il Vate, non so quanto ho letto di lui, soprattutto fino all’avventura fiumana e poi nell’anno 1935, al Vittoriale, tre anni prima della sua morte. Ma tutte le tesserine si sono riunite per formare il mosaico finale.
E’ così che è riuscito a scoprire un ... “falso” nell’ interpretazione che finora era stata data al motto dannunziano?
Più che di falso parlerei di leggenda. Una leggenda nata per dare identità di provenienza alpina dai diversi luoghi della nostra regione, un giusto riconoscimento agli uomini e alle donne che hanno condiviso e condividono esperienze di ogni genere (mi piace riaffermare questa identità regionale anche al presente se pensiamo alle missioni di pace oltre confine del Battaglione “L’Aquila” oppure agli interventi per le catastrofi naturali nella nostra Italia). Una identità “catturata” da d’Annunzio, che è apparsa improvvisamente nella storia del Battaglione “Aquila” (questo il nome originario, senza l’articolo) ma che aveva avuto in precedenza altre storie. Questo è nel libro, non svelo altro e lascio per gli eventuali lettori.
Perché è importante questa rilettura del significato dello stemma araldico del Battaglione Alpini L’Aquila?
La rilettura conferma, oltre i significati polisemici delle singole parole, l’identità di un Battaglione Alpini che nel Motto racchiude pagine gloriose di Storia in tempo di guerra e di pace, ieri come oggi e come sarà domani. C’è una fierezza di appartenenza tutta da rivendicare.
Ha proprio ragione il prof. Capezzali quando dice che lei “non finisce mai di stupire “. Niente di scontato nei suoi apprezzatissimi lavori. Lontano in tutto e per tutto dai soliti luoghi comuni. Ogni pagina riserva una sorpresa e ad ogni riga ci si sofferma per riflettere. Riflessioni che partono proprio dalla copertina del libro. Non c’è lo stemma araldico del Battaglione Alpini L’Aquila. Non c’è il cappello di un alpino. Non c’è d’Annunzio. C’è la foto della Stella alpina dell’Appenino. Perché questa scelta?
Una scelta voluta, non occasionale. Volevo evitare una presentazione (la copertina presenta il libro e…aggiunge sostanza) ripetitiva del titolo ma andavo alla ricerca di un’immagine che riuscisse a raccogliere i valori espressi dalle parole. Così un mio carissimo amico, Bruno Marconi, esperto conoscitore della montagna e apprezzato fotografo mi è venuto in aiuto. La foto è sua: la Stella Alpina dell’Appennino (Leonotopodium nivale) delle nostre vette e la roccia nella quale nasce, quale immagine migliore come metafora della storia narrata! Poi la professionalità di Carlo Spera, grafico della casa editrice “Carabba”, ha fatto il resto.
*già Caporedattore TGR Rai
L’AUTORE
Gianfranco Giustizieri, nato a L’Aquila nel 1946, ha svolto la sua attività lavorativa nella scuola. Ha avuto diversi incarichi istituzionali con interessi nell’area amministrativa, umanistica e pedagogica. Studioso della cultura letteraria italiana, specializzato nelle Riviste della prima metà del ‘900, da “Leonardo” a “Primato”, con relativo insegnamento universitario come cultore della materia, è autore di varie pubblicazioni riguardanti il patrimonio letterario abruzzese. Ha dedicato gran parte del suo lavoro alla riscoperta di una delle più importanti rappresentanti della letteratura del Novecento, Laudomia Bonanni, di cui ha ricostruito l’archivio. E’ uno dei quattro soci fondatori e vicepresidente dell’Associazione Internazionale di Cultura “Laudomia Bonanni” nata per la diffusione, la conoscenza e la traduzione delle opere della scrittrice.