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Heysel 1985, la strage annunciata. Fattitaliani intervista Francesco Caremani: "Heysel, una strage: Uefa e Belgio i mandanti e gli hooligans gli assassini"

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La strage dell'Heysel fu una tragedia accaduta il 29 maggio 1985, poco prima dell'inizio della finale di Coppa dei Campioni di calcio tra Juventus e Liverpool allo stadio Heysel di Bruxelles nel settore Z, in cui morirono 39 persone, di cui 32 italiane, e oltre 600 rimasero ferite. Tante le cose che sono state dette e contraddette nel corso degli anni e a distanza di più di trent'anni la verità dai più non è conosciuta. Il giornalista Francesco Caremani ha pubblicato il volume “Heysel, le verità di una strage annunciata” (Bradipolibri nella collana Arcadinoè, pagg. 248, €15). Di recente, l'autore ne ha parlato ad Arezzo davanti a studenti del liceo Francesco Redi, della scuola europea 3 di Bruxelles e del liceo Primo Levi di Torino nell'ambito del progetto "Un pallone per la memoria". Fattitaliani lo ha intervistato.

Sintetizzare è complesso, ma quali sono “le verità” che hanno reso “annunciata” la strage dell’Heysel?
«L’Uefa che insieme alle autorità, sportive e politiche, belghe ha scelto uno stadio fatiscente e inappropriato per la finale di Coppa dei Campioni. L’ordine pubblico completamente disorganizzato da parte del Belgio e l’inadeguatezza del numero di poliziotti all’interno dello stadio. L’aver diviso il settore Z da quelli X e Y per vendere più biglietti e quindi mettere le famiglie dei tifosi italiani vicino agli hooligans del Liverpool».
Arezzo, Un pallone per la memoria
Quali sono state, invece, le bugie più clamorose?
«Quella più clamorosa è scritta nelle autopsie (fasulle), dove si certificava che 39 persone erano morte tutte accidentalmente intorno alla mezzanotte, quando verso le 20 erano già decedute. Che i calciatori non sapevano dei morti invece ne erano a conoscenza. Infine che è stata una tragedia, l’Heysel è stata una strage, con mandanti (Uefa e Belgio) e assassini (hooligans)».
C’è qualcuno che ha pagato per quello che è successo?
«Alcuni hooligans del Liverpool, il capitano della polizia belga responsabile della sicurezza allo stadio, ma soprattutto l’Uefa, condannata in appello e Cassazione».
Quali provvedimenti sono stati presi allora? Sono ancora in vigore?
«La condanna dell’Uefa è storica, ha fatto giurisprudenza, rendendola per sempre corresponsabile delle manifestazioni che organizza. Per quanto riguarda la sicurezza negli impianti sportivi i provvedimenti più importanti sono stati presi alcuni anni dopo, soprattutto in Inghilterra».
Perché ha deciso di scrivere il libro?
«Perché me l’ha chiesto Otello Lorentini, che all’Heysel ha perso l’unico figlio Roberto, medico, medaglia d’argento al valore civile per essere morto tentando di salvare un connazionale, poi presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime che, da solo contro tutti, ha fatto condannare l’Uefa».
Ci sono state in passato altre inchieste simili sull’argomento?
«Prima della mia no, anche perché si voleva silenziare i familiari delle vittime. Dopo la mia, che è stata la prima al mondo, tante».
Come si è mosso nella ricerca delle fonti? Con chi ha parlato?
«Be’ la voce narrante del mio libro è Otello Lorentini, prima presidente poi memoria storica dell’Associazione tra i familiari, aveva conservato tutto: documenti, trasmissioni televisive, articoli dell’epoca, tutto. Lui e i suoi documenti sono stati le mie fonti».
Conosceva personalmente alcune vittime o i loro familiari?
«Roberto Lorentini era un amico di famiglia e collega di mio padre, una grande perdita per tutta la nostra comunità. Era una persona straordinaria».
In tutto questo che figura ci fanno il Belgio, la Juve e il Liverpool?
«Il Belgio pessima perché era colpevole e non ha pagato, perché non ha mai ricordato quella strage e perché ancora oggi cerca di cancellarne i luoghi. Juventus e Liverpool hanno avuto comportamenti sbagliati dei quali non vanno fieri nemmeno oggi, per questo rifuggono scioccamente la memoria e le verità processuali di quello che è accaduto. Più grave alla fine il comportamento della società inglese che non ammette, dopo trentuno anni, le gravi responsabilità dei propri hooligans».
L'autore Francesco Caremani
Se ci fosse stato internet a suo tempo, sarebbe cambiato molto?
«Tutto, dall’informazione alla comunicazione, alla partita, al peggio che si può immaginare».
Andrea Lorentini, presidente Associazione tra i familiari delle vittime
Quando parla dell’argomento raccontando come sono andati i fatti, quale reazione è la più comune fra il pubblico?
«All’inizio diffidenza e incredulità, poi rabbia, emozione, commozione e infine consapevolezza». Giovanni Zambito.
©Riproduzione riservata

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