di Luigi Casale* - Dovendo parlare di Goffredo Palmerini, non saprei da dove iniziare. Eppure ne sono direttamente investito; e per questo mi sento obbligato a parlarne: da quando mi inviò, più di dieci anni fa, una pubblicazione a carattere culturale-turistico che promuoveva l’immagine dell’Abruzzo. Forse conteneva un suo articolo. Ma, forse no.
Mi aveva fatto recapitare quell’opuscolo – suppongo – semplicemente per presentarmi uno spaccato della sua Regione: vita sociale, attività economiche, bellezze naturalistiche, tradizioni storia e cultura; a me che insegnavo all’estero e cominciavo a bazzicare l’associazionismo dell’emigrazione italiana. Perciò ho un obbligo morale che mi lega a lui. Da allora, poi, mi sono sempre giunti, puntuali, i suoi libri: Oltre confine (L’Aquila 2007), Abruzzo gran riserva(L’Aquila 2008), L’Aquila nel mondo (L’Aquila 2010), L’Altra Italia (L’Aquila 2011), L’Italia dei sogni (L’Aquila 2014), e, finalmente, Le radici e le ali (L’Aquila 2016).Con Palmerini ci conoscevamo fin dal 1972, colleghi di lavoro e subito amici, a Verona. Si sperimentava in prima persona, anche noi, la migrazioneinterna; alla ricerca di una sistemazione economica ed esistenziale nella fase conclusiva della parabola discendente del boom economico, e all’esaurirsi della carica esplosiva di quel movimento chiamato autunnocaldo. Proprio mentre nuove minacce si annunziavano all’orizzonte politico. L’anno dopo ci ritrovammo a Roma, trasferiti nel rispetto delle cosiddette esigenze di servizio, a lavorare con nuove e diverse mansioni in due uffici, non troppo distanti tra loro, della direzione generale dell’azienda di cui eravamo dipendenti. Da lì a poco ognuno avrebbe preso la sua strada: lui rientrava all’Aquila, io, cambiando lavoro, imboccavo di nuovo la strada del nord che, successivamente, mi avrebbe portato anche all’estero.
L’esitazione, l’incertezza, a parlare di Goffredo Palmerini, a me che, onorato della sua amicizia, l’ho sempre ammirato, forse nasce dal timore di essere adulatorio, affettato, poco naturale; comunque convenzionale. Perché di Palmerini come persona, umanamente parlando, non se ne può dire che bene. Come professionista e cittadino impegnato – politicamente, intendo; nel senso più ampio e completo della parola – non se ne può dire altro che bene. Come uomo sensibile ai fenomeni sociali e culturali, e come amministratore pubblico non se ne può dire che bene. Come intellettuale, cultore appassionato delle tradizioni della sua terra, e ad essa (e ai suoi abitanti) legato da amore viscerale, non se ne può dire che bene. Tutti questi aspetti, e altri altrettanto preziosi che è inutile star qui a riprendere, comprese le possibili – e probabili – peculiari debolezze delle diverse applicazioni, egli li vive intensamente; e sa esprimerli e rappresentarli, poi, in forma di elaborate e gradevoli narrazioni, con la capacità di farne articoli giornalistici che diffonde dove può; con l’intelligenza, infine, di raccoglierli, una volta pubblicati, in valide e consistenti pubblicazioni. Sono i suoi libri: quelli sopra elencati. E di questi ora dobbiamo parlare. In particolare, l’ultimo: Leradici e le ali.
Ma Palmerini di professione non fa lo scrittore. Pensionato delle Ferrovie dello Stato, dopo una lunga e significativa carriera politica nella sua città, L’Aquila, si è dedicato al coordinamento delle comunità abruzzesi nel mondo, organizzate nelle Associazioni regionali degli emigrati all’Estero. Attualmente è delegato regionale, in rappresentanza dell’Abruzzo, dell’Associazione Nazionale Famiglie Emigrate (ANFE), e fa parte del Consiglio Regionale Abruzzesi nel Mondo (CRAM). Inoltre è membro del comitato scientifico del Dizionario Enciclopedico delle Migrazioni Italiane nel Mondo. Se pubblica, è perché scrive. E se scrive è per la comunicazione e l’informazione. Le finalità sono strettamente collegate al suo ruolo e ai suoi compiti.
Il prodotto della sua scrittura sono comunicati, relazioni, nonché articoli di cronaca su storia costume e tradizione, ben documentati e ben articolati, in un registro di lingua tra la prosa scientifica e quella letteraria. Poiché scrive essenzialmente per gli abruzzesi, i suoi articoli vengono pubblicati sui giornali abruzzesi, oltre che dalle agenzie internazionali e dalla stampa italiana all’estero (Argentina, Australia, Belgio, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Danimarca, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Messico, Perù, Repubblica Dominicana, Spagna, Stati Uniti, Sud Africa, Uruguay, Venezuela).
Ogni evento, ogni personaggio, ogni data e ogni avvenimento della storia d’Abruzzo o dell’Italia, che sia degno di memoria, diventa l’occasione di un piccolo cammeo giornalistico, un capolavoro di lingua e di scrittura, da indirizzare ai concittadini abruzzesi o di origine abruzzese. Creando così, un patrimonio di informazioni su costume, storia, arte, cultura, e varia umanità, utile non solo alle famiglie abruzzesi, ma a tutte le biblioteche di persone che amano la vita italiana, la sua propagazione nel mondo, l’eco della sua voce e la sua memoria conservata nel racconto letterario.
È questa la scrittura di Palmerini. Articoli freschi e attuali che si leggono come appena usciti dalla penna dello scrittore; all’interno dei quali, eventi, cerimonie, anniversari, celebrazioni, manifestazioni, profili biografici, descrizioni, riflessioni, pagine di bella prosa, serate d’arte e cultura, concerti e mostre, presentazione di opere letterarie o scientifiche, relazioni sociali e sindacali, associazioni e patronati, comunicazioni estemporanee, testimonianze di gente semplice o di personalità ed altre eccellenze, specialmente artisti italiani, o anche stranieri se discendenti da abruzzesi, o per qualche motivo in relazione con l’Abruzzo, la vita insomma, emergono come fatti atemporali, e tuttavia ricchi di nomi, di date, di richiami, di momenti e di tanti altri particolari, che vanno a formare un quadro generale della storia dell’Aquila, dell’Abruzzo, dell’Italia tutta, con al centro il popolo abruzzese e la sua componente di abruzzesi nel mondo. Sono questi i pregi della scrittura di Palmerini.
*già docente di Lingua e letteratura italiana all’Università di Clermont Ferrand (Francia)