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Terremoto Amatrice, Testimonianza di suor Mariana salvata dalle macerie del convento

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È rimasta a lungo incastrata tra le macerie, suor Mariana, Ancella del Signore del Convento “Don Minozzi” di Amatrice, ma quando aveva già perso le speranze e aveva offerto la sua vita in cambio della salvezza di un’altra persona, un ragazzo è riuscito a sbloccare la porta e a condurla al sicuro.
Eugenio Murrali ha raccolto la testimonianza di dolore e di fede della giovane religiosa albanese:
R. – Mi sono accorta del terremoto verso le 4 del mattino e dalle 4 alle 4.30 ho fatto la spola tra sotto il letto e la porta della camera per chiedere aiuto. Quando mi sono accorta che era il terremoto e che crollava tutto, sono andata sotto la porta – se così si può chiamare la maceria rimasta – e mi sono vista come sopra un pinnacolo: tutto il resto era crollato, era come il cono di un gelato rovesciato. Per mezzora ho continuato a chiedere aiuto, ma nessuno mi rispondeva, facevo avanti e indietro, mentre il tetto sopra di me continuava a crollare. Avevo però il pavimento ancora stabile sotto i piedi, anche se tutto intorno a me era crollato. Anche il tetto dove si trovava l’altra suora, a un metro di distanza da me, era crollato. Allora ho cominciato a mandare messaggi alle persone più care, anche se non ai miei familiari, perché non volevo far venire loro un infarto e farli disperare. E a tutti quanti ho detto che c’era il terremoto e quello che avrei dovuto fare. Poi, dopo mezz'ora, quando mi sono resa conto che nessuno veniva ad aiutarmi, ho cominciato a fare i saluti, gli addii, alle persone più vicine, e chiedevo loro di pregare per me. Da ultimo, quando oramai avevo perso la speranza di essere salvata, ho offerto la mia vita in cambio di un’altra. In quel momento, ho sentito una voce che mi chiamava: era un ragazzo, uno dei nostri ospiti che si trovava lì e che aveva sfondato la porta per venirci a salvare. Mi ha detto di seguirlo e mi ha fatto strada, perché stava crollando tutto. Io, lì per lì, in quel momento, mi sentivo come confusa e ciò a causa della botta in testa che avevo preso: mi ero svegliata mezz'ora dopo la scossa di terremoto… Ho seguito il ragazzo, ma mentre andavo e chiedevo aiuto, ho sentito un’altra suora che chiedeva aiuto. Ho avvertito il ragazzo e lui mi ha risposto che non potevamo avvicinarci a causa delle macerie. Dopo avermi portato in salvo, siamo tornati indietro, abbiamo fatto il giro della casa, e invece di una abbiamo sentito due suore che chiedevano aiuto. Ma a quell’ora – erano le 4.30 – i soccorsi non arrivavano, non c’era nessuno ancora. Dopo – se non sbaglio – è arrivata la guardia forestale di Cittaducale, che ha tratto in salvo le altre due suore, che sono state poi portate in ospedale. Sono vive e ora le stanno curando. Dopo, verso le 8, è stata tratta in salvo un’altra signora anziana, una delle nostre ospiti, e – purtroppo – sotto le macerie ci sono ancora tre suore e quattro signore anziane. Non so se sono riusciti a tirarle fuori e se ora sono vive. Gli altri ospiti sono stati tratti in salvo dal ragazzo e si sono aiutati gli uni con gli altri per salvarsi.
D. – Come donna di fede, come affronta questo momento?
R. – Quando avevo perso la speranza anche di essere salvata, a caldo, rileggendo questa parte della mia vita, ho visto, in mezzo alla morte, la vita. Perché Dio ha detto: “Vivrai”, mi ha salvato. Perché quella dove mi trovavo era l’unica parte della casa che ancora non era crollata. Io riflettevo e mi dicevo che non ero più santa io delle altre suore che erano sotto le macerie: perché io sì e loro no? E lì ho visto Dio, che non guarda la perfezione morale – il “cammina dritto, non mangiare e non bere” – ma la sua misericordia. Non è una fede fatta di precetti e di norme: ma è un credere in Gesù Cristo, che è il Dio della vita, che perdona, accoglie e salva anche quando c’è la morte, ci sono le macerie e c’è la disperazione. Perché io avevo perso la speranza di essere salvata… In questo momento non servono a niente tante parole, ma serve essere come un faro di speranza, come lo è stato il ragazzo, per dire alle persone: “Andiamo avanti, non torniamo indietro”. Perché non serve a niente tornare indietro ma solo andare avanti, perché indietro è facile tornare, per non affrontare l’avanti. Quindi bisogna andare avanti: chi può – il più coraggioso – deve andare avanti: la vita continua. Perché se torniamo indietro finisce tutto e non ha senso: non ha senso che ci siamo salvati se ora dobbiamo tornare indietro. Eugenio Murrali, Radio Vaticana, Radiogiornale del 25 agosto 2016.

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