Le Olimpiadi non sono solo una delle massime espressioni dello sport internazionale, ma rappresentano un momento unico di incontro tra nazioni, culture e anche religioni diverse, accomunate dall’universalità dello spirito olimpico.
Salvatore Tropea ha raccolto la testimonianza di Stefano Baldini, atleta italiano vincitore della medaglia d’oro nella maratona ad Atene 2004 e attualmente Direttore Tecnico del settore giovanile della Federazione Italiana di Atletica Leggera: R. – Io ho avuto la possibilità di partecipare a quattro Olimpiadi da atleta, in quattro Continenti diversi. Ogni volta è stato bello poter vivere qualche giorno – qualcuno fortunato, anche un paio di settimane – all’interno del Villaggio Olimpico, che è l’espressione del mondo concentrato in un quartiere, che ospita qualche migliaio di persone durante i Giochi Olimpic. E il farlo attraverso l’espressione della forza, della tecnica all’interno di una gara sportiva, secondo me, è una delle esperienze che restano fra le più belle all’interno di un percorso che facciamo in questa vita.
D. – All’interno del Villaggio Olimpico, come si convive con chi sarà poi un avversario sul campo?
R. – L’avversario sul campo lo diventa nel momento della gara. Lo spirito giusto, l’educazione che dobbiamo dare ai nostri ragazzi, è quella di vivere il momento agonistico sia nella condivisione di una gioia sia in quella di una sconfitta. Io ricordo, in modo particolare, gli attimi che precedono le gare: sono momenti di concentrazione, di tensione, nei quali c’è grandissimo rispetto per gli avversari. Avversari che poi, con lo stesso spirito, ritrovi subito dopo al traguardo, quando ci si fa i complimenti, soprattutto con chi è stato più bravo.
D. – Lei da vincitore della maratona, la disciplina per eccellenza dei Giochi Olimpici, sa bene quale valore abbiaNO il sacrificio e il duro lavoro per raggiungere un obiettivo…
R. – Per me la partecipazione ai Giochi Olimpici è stata un’esperienza che mi ha messo di fronte a tutte le situazioni che poi ti allenano al quotidiano. Questo, infatti, deve essere lo sport, alla fine, per i nostri giovani e i nostri ragazzi: un allenamento per superare gli ostacoli che la vita ci mette davanti tutti i giorni e, soprattutto, aiuta nei momenti difficili.
D. – Secondo lei, gli atleti a Rio vivranno i Giochi in modo diverso rispetto alle altre edizioni, per via dell’allarme terrorismo ormai globale?
R. – Io penso che sarà, più o meno, la stessa musica delle altre edizioni dei Giochi Olimpici. Penso che le Olimpiadi siano diventate talmente importanti e cassa di risonanza mediatica che la tensione, da quel punto di vista, è sempre molto, molto alta. E lo è già, purtroppo, da tantissime edizioni.
D. – Un’ultima battuta sugli italiani in gara. Possono aspirare a riempire il medagliere?
R. – Faremo sicuramente la nostra bella figura. Per quanto riguarda il riempirlo, dipende da quali sono le nostre aspettative. Io piuttosto che quantificare, sarei per guardare alle prestazioni dei nostri ragazzi. Chi riesce a confermare o a migliorare la propria migliore performance, durante i Giochi, è un atleta che è già arrivato al successo.Questo è il messaggio che voglio passare ai ragazzi: chi riesce a dare il massimo nel momento che conta, ha già vinto. Salvatore Tropea, Radio Vaticana, Radiogiornale del 7 agosto 2016.