Giustizia, buona cucina e tacchi a spillo sono le tre passioni del Commissario Lolita Lobosco che entrano in gioco anche nella sesta indagine del personaggio creato dalla penna di Gabriella Genisi. Il nuovo capitolo della saga s'intitola "Mare nero" (pagg. 208, €14) pubblicato a fine maggio dalla Sonzogno. Fattitaliani ha intervistato l'autrice.
In che cosa cambia e si evolve il commissario in questa sesta indagine?
Il sesto caso del Commissario Lolita segna un po’ lo spartiacque rispetto ai libri precedenti. Intanto perché il libro si presenta diviso in due parti, quasi come un libro nel libro. Poi perché Lolita da commissario che è, viene promossa Questore, infine per la contaminazione maggiore con il giornalismo d’inchiesta.
Nelle indagini da risolvere l'ispirazione viene più dalla Puglia o dalla cronaca in generale?
Direi dalla Puglia. La luce sudamericana, il mare, il buon cibo, il calore della gente, la bellezza dei luoghi, sono la mia maggiore fonte di ispirazione, d’altro canto per raccontare una storia gialla contemporanea non si può prescindere dalla cronaca.
Il lessico, i riferimenti al cibo, i nomignoli del dialetto... : le piacerebbe essere etichettata come una neo Camilleri?
Mi piacerebbe, ed è già accaduto… Non ho mai nascosto la mia ammirazione per il Maestro, né di aver fatto del Commissario Montalbano la mia Musa ispiratrice. Purtroppo Camilleri ha dichiarato di “odiare le gialliste”, e a me piacerebbe fargli cambiare idea.
Lolita... ha scelto subito questo nome per il personaggio così poco adatto - in apparenza - al mestiere che svolge? Aveva pensato ad altri nomi?
No, Lolita è nata con un nome preciso, di chiara ispirazione nabokoviana. Amo i contrasti e gli ossimori, e il nome che per antonomasia corrisponde alla malizia e alla seduzione m’è parso perfetto per un personaggio che si muove in un mondo, quello della Polizia, che ha da sempre un’impronta maschile e quasi militare.
Il traguardo dei 40 anni rende Lolita un po' diversa nell'approccio ai casi e alla vita in sé?
L’età che avanza e la perdita della bellezza sono lo spauracchio peggiore per la maggior parte delle donne. Lolita in questo libro è stanca, provata dal caldo, dall’ennesima storia d’amore che non funziona e dalla crudeltà umana. E in questo caso ci mette l’anima ancora più del solito, forse proprio a causa di un compleanno particolare.
Ci sono intenzionali cliché che accompagnano Lolita nelle sue storie?
L’abbinamento del cibo con il giallo, già sancito da Simenon nella serie del Commissario Maigret, da Vasquez Montalbàn con il suo Pepe Carvalho, da Jean Claude Izzo nella Trilogia di Montale e dal nostro amatissimo Camilleri.
Giovanni Zambito