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“Io non so mai chi sono”, Fattitaliani intervista Grazia Di Michele: Amici, i social network, lo spettacolo con Platinette

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In occasione della seconda serata del festival “I SOLISTI DEL TEATRO”, Platinette e Grazia Di Michele con “Io non so mai chi sono”, originale recital con alle spalle già tre sold out nelle date romane.

Canzoni e monologhi, duetti e dialoghi compongono la struttura su cui fioriscono momenti esilaranti e di grande poesia, tutto condito dall'irriverenza di Platinette.
Io non so mai chi sono nelle precedenti date romane ha conquistato già tre sold out. Vi aspettate lo stesso risultato anche stasera? 
Speriamo perché noi abbiamo fatto tre spettacoli di prova per vedere se lo spettacolo ci convinceva e se avrebbe avuto un futuro. Dopo questa esperienza positiva, abbiamo deciso di investirci in energia. L’identità è un tema che la gente segue con molto interesse.
Lo spettacolo nasce dall’inciso della canzone “Io non sono una finestra”. Com’è nata l’idea? 
E’ stato abbastanza naturale perché il testo della canzone racconta brevemente una storia, ci sembrava interessante sviluppare i vari temi che vanno dal tradimento al mascheramento e tutto ciò che c’è dietro, in uno spettacolo teatrale.
Le donne sono sempre alla conquista del proprio essere, come mai? 
Credo tutti in assoluto, il lavoro sull’identità si fa quando si è piccoli, quando si cresce, in relazione alle persone, alla famiglia, alla società, a se stessi. L’accettazione di se stessi passa attraverso tanti piccoli passi.
E’ così difficile accettarsi? 
Dipende dalle proiezioni che gli altri hanno su di te ed anche da quelle che ognuno di noi ha su se stesso. Dipende da quello che immagini sia la tua realtà e che poi magari la gente non accetta. In generale c’è un pregiudizio sull’identità di genere che può essere sulla Razza, sulla Religione.
La canzone parla delle difficoltà di chi è costretto a vivere nel pregiudizio. Riusciremo a sconfiggerlo? 
E’ un discorso molto lungo però comincia ad esserci un pochino di apertura almeno nella nostra società. Altrove è molto più complesso.
Agli inizi della carriera ha fondato “Ape di vetro” un gruppo d’ispirazione politica con canzoni impegnate su temi scottanti e di attualità. Perché oggi i giovani hanno sempre meno interesse per i temi politici? 
Credo che sia cambiato l’assetto sociale. Quando ero a scuola, la politica faceva parte del nostro lavoro di studio quotidiano. Oggi non è più così. Si è un po’ più “superficiali” e meno interessati a quello che succede intorno.
E’ stata insegnante di Amici che poi ha lasciato non con un addio ma con un arrivederci. A quando il ritorno? 
Non lo so ancora perché sono in una fase diversa di progettazione. E’ un grande impegno Amici, perché assorbe molto.
E’ stata una bella esperienza rapportarsi con i ragazzi? 
Meravigliosa che continuo a fare perché insegno in Italia, in tantissime Scuole, Università, Conservatori. E’ una cosa che ancora mi appartiene.
In “Le ragazze di Gauguin” parla delle donne. In quale di essa si riconosce? 
In tutti quei quadri, in tutte quelle fotografie come succede ad ogni donna di riconoscere i propri momentidi luce ed i propri momenti di ombra.
Se io fossi un uomo” cosa farebbe? 
Mah! Sarei un uomo che conosce la sensibilità femminile.
La finestra come forma di comunicazione che rappresenta la vicinanza, la comprensione, l’empatia. Quanto i social network e qualsiasi altra forma di comunicazione moderna ci lascia in solitudine? 
Dipende da come si vive e si utilizzano queste possibilità. Ci sono persone che allargano i loro orizzonti relazionali e ci sono persone che invece si chiudono dietro ad uno schermo. Dipende dalle persone, per molti è una valvola di sfogo ma è anche un momento di interazione con gli altri e credo che sia una meravigliosa compagnia poter comunicare con tutti.
Indossiamo tante maschere per proteggere quell’io che riteniamo fragile”. Lo facciamo per mostrarlo oppure perché abbiamo paura del giudizio degli altri? 
Tutti e due, il giudizio degli altri ci frega sempre. La paura dell’accettazione e di quello che gli altri vedono in noi. Molte volte dipende anche dalla paura di mostrare chi veramente siamo. Pochi lo fanno, non è una cosa così scontata.

Elisabetta Ruffolo

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