Con tassi di disoccupazione record del 25% e l’arrivo di oltre un milione di migranti nell’ultimo anno, la Grecia si trova ad affrontare una doppia sfida economica e umana. Per questo Caritas, Missio e Focsiv sono riunite ad Atene per un seminario dal titolo “Grecia paradosso Europeo”, che mette in luce i limiti di un’Europa “sempre più divisa in particolarismi nazionali, frammentata in un arcipelago incoerente di Stati ostili che alzano barriere”. Tra i relatori l’arcivescovo di Atene, mons. Sebastianos Rossolatos, raggiunto telefonicamente da Michele Raviart:
R. – I rifugiati, per il momento, non fanno parte della società, sono ai margini: questa è la loro situazione miserabile. Tutte le organizzazioni non governative cercano di aiutarli a sopravvivere… Ma questo non può continuare! Non si può solo sopravvivere: bisogna integrarli, tanto più che devono restare ancora per tanti mesi, forse per anni, in Grecia; bisogna far studiare i loro bambini… E’ un problema molto grosso! Questo problema si inserisce nella situazione già drammatica dei greci stessi e degli emigrati che sono arrivati 20-30 anni fa in Grecia, che non hanno lavoro e devono pagare le tasse, che sono pesantissime. E quest’anno sono ancora più pesanti!
D. – Come si possono integrare questi nuovi arrivati in Grecia con – per esempio – i tassi di disoccupazione, che sono altissimi adesso nel Paese?
R. – E’ un problema che non si può risolvere: anche perché se vengono inseriti nella società, garantendo loro lavoro e quant’altro, si ribellano i greci che non hanno lavoro, che hanno le loro famiglie in situazioni miserabili. In questo momento è una via senza uscita! Se non c’è un programma di progresso, se non si creano nuovi posti di lavoro per i greci e per gli emigrati, che sono arrivati 20, 30 anni fa qui in Grecia, come si possono inserire poi i 50 mila profughi che sono arrivati lo scorso anno?
D. – Qual è la situazione dell’accoglienza ad Atene?
R. – I profughi non si trovano soltanto ad Atene: si trovano sparsi per tutta la Grecia, in campi di accoglienza. Però non tutti entrano in questi campi e quindi ci sono ancora molte tende nel Porto del Pireo; ma anche quelli che si trovano nei campi di accoglienza sono così disperati che si ribellano e ogni tanto ci sono scontri, ci sono incendi come reazione… La Caritas può fare poco se non c’è un programma di sviluppo dell’Unione Europea e del governo. Adesso non c’è un programma di sviluppo.
D. – Lei ha parlato dell’Unione Europea, che - come è scritto nel programma di questi tre giorni – rischia di essere sempre più divisa da particolarismi e da nazionalisti…
R. – Sì, certo!
D. – Quanto pesano, in questo contesto, fenomeni come quello della Brexit?
R. – Pesa nel senso che è bloccato ogni dialogo per arrivare ad uno sviluppo in Grecia e questo perché ci sono altri problemi interni nell’Unione Europea. E poi l’Unione Europea chiede il pagamento dei debiti da parte della Grecia e il governo impone nuove tasse: non c’è una via di uscita in questo modo! Si mettono tasse, senza garantire uno sviluppo. Dall’Unione Europea non si vede luce…
D. – Qual è, in questa situazione di doppia crisi, il ruolo della Chiesa?
R. – Dal momento che la gente e le famiglie sono impoverite, sono impoverite anche le parrocchie e le diocesi: quindi le diocesi stesse e i vescovi non possono aiutare le parrocchie e non abbiamo i soldi per poter mandare un sacerdote per fare catechismo… Anche la Chiesa è impoverita in questo momento. I profughi arrivati nel 2015-2016 sono soltanto l’ultimo punto che ha aggravato la situazione: abbiamo una crisi che dura da 30 anni! Michele Raviart, Radio Vaticana, Radiogiornale del 7 luglio 2016.